Il 18 luglio
1936 in Spagna quattro generali insorsero contro il
governo. Iniziò una guerra civile durata quasi tre
anni. Il calcolo delle sue vittime, prevalentemente
civili, rimane ancora approssimativo. Quella guerra
non fu la premessa della guerra “europea”
iniziata nel 1939 e divenuta mondiale dal
1941. Il governo repubblicano di Madrid ebbe il
sostegno di brigate internazionali, prevalentemente
comuniste, ma non quello diretto di Mosca. I
nazionalisti furono fiancheggiati dalla Germania,
che inviò la micidiale Divisione Condor, e
dall'Italia con il “Corpo Truppe Volontarie”, bene
armate. Ma la guerra del settembre 1939 iniziò con
l'attacco della Germania e dell'Urss contro la
Polonia, alleata di Francia e Gran Bretagna, che
però non intervennero a sua tutela. L'Italia di
Mussolini rimase spettatrice e poco dopo
co-belligerante, pro-Hitler. Tra la guerra civile
spagnola e l'europea vi fu dunque sequenza
cronologica ma non strettamente logica.
Vincitore in Spagna, Francisco Franco rimase
prudentemente neutrale dall'avvento e infine aprì
agli anglo-americani, che garantirono la continuità
del suo regime, sorretto dalla Chiesa, sino alla sua
morte.
Con Giovanni Giolitti e Luigi Einaudi,
Marcello Soleri fu il terzo Statista espresso dalla
Provincia Granda negli ottant'anni dalla
proclamazione del regno:14 marzo 1861, non 17, che è
il giorno della pubblicazione della legge nella
“Gazzetta Ufficiale”. Se la datazione degli eventi
dipendesse dal loro annuncio nella “Gazzetta
Ufficiale”, la Repubblica andrebbe festeggiata non
il 2 giugno ma il 19. Poiché la storia è fatta da
persone, va ricordato che i due maggiori politici
emersi nel Cuneese durante la guerra di Liberazione
(1943-1945), uno, Tancredi (Duccio) Galimberti,
avvocato, venne assassinato in Cuneo nella notte tra
il 2 e il 3 dicembre 1944 da scherani della
Repubblica sociale italiana; l'altro, Dante Livio
Bianco, avvocato, che gli subentrò quale comandante
delle formazioni “Giustizia e Libertà” in Piemonte,
morì in un incidente di montagna nel 1953, mentre la
Granda,“area depressa”, era alle prese con la
ricostruzione materiale e morale. Primo e insuperato
memorialista dei “Venti mesi di guerra partigiana”
(libro pubblicato nel 1946 in Cuneo da Arturo
Felici, “Pànfilo”), candidato all'Assemblea
costituente e giureconsulto di talento, Bianco era
nel pieno delle energie. Entrambi furono ricordati
il 10 agosto 2024 a Saretto (alta Valle Maira)
nell'80° degli Accordi tra partigiani italiani e
resistenti francesi – di cui Galimberti fu pioniere
e Bianco firmatario – presenti più francesi che
italiani.
L'Italia al voto e un
prete deputato?
Il Rotary Club Cuneo 1925, nato dalla
fusione tra Rotary Club di Cuneo e Rotary Alpi del
Mare, festeggia i cento anni dalla nascita, avvenuta
il 18 ottobre 1925 per iniziativa di Luigi Burgo, che
ne venne eletto presidente. Ingegnere, industriale e
umanista, Burgo fece del Rotary cuneese il motore di
iniziative di vasto respiro culturale tuttora vive. Il
Club cuneese fu tra i primi Rotary sorti in Italia. La
“Granda” dell'epoca era in severa sofferenza. Eppure
il Club di Cuneo fu il secondo del Piemonte. Come mai?
E' passato quasi un mese dal
centenario della discussione alla Camera sulla
regolamentazione delle associazioni e sull'iscrizione
dei pubblici impiegati ad associazioni, nota come
“legge contro la Massoneria”. Il tema è scivolato via
nell'indifferenza generale dei”media”. Eppure quel
dibattito fu la spallata decisiva per l'abolizione in
Italia della libertà di associazione, che risaliva
all'articolo delo Statuto Albertino. Forse
non si è voluto ricordare che la Camera pullulava di
massonofagi e di massoni pentiti (votarono a favore
per far passare sotto silenzio la loro iniziazione).
Contrariamente a quanto sostenuto dai più, Antonio
Gramsci, deputato del Partito comunista d'Italia,
intervenne per la prima e unica volta in Parlamento e
non difese affatto le logge ma ridusse la
fascismo-massoneria al duello tra fascisti e
comunisti. Nel dibattito intervenne Benito
Mussolini, che non nascose affatto il suo obiettivo:
l'instaurazione del regime di partito unico. Grandi
assenti furono le “opposizioni” (socialisti,
repubblicani,“democratici”, popolari...) arroccati
nell'inutile e perdente “Aventino”. Anche i
“giolittiani” si guardarono dal prendere la parola. Le
libertà scricchiolarono. Crollarono di schianto in
Senato il 19-20 novembre. Ne parleremo a suo
tempo.
La
Storia? Un enigma
1815-1914: il secolo della pace
L'attendismo
degli aventiniani e “ludi cartacei”
L'attendismo degli
aventiniani e “ludi cartacei”
C'era
una volta un Re...
Re costituzionale, “per volontà di
Dio e per volontà della Nazione”
Alcuni “messaggi” invitano a
sollevare lo sguardo dalle piccinerie quotidiane e a
riflettere. Valgano d'esempio l'elogio di Giuseppe
Garibaldi pronunciato da Carlo III d'Inghilterra nel
brillante discorso a Camere riunite in Roma e il
poncho argentino indossato da papa Francesco. Il
Monaco fa l'abito. Decide di volta in volta quello
adatto al rito. Parimenti il Re sceglie le parole
per sintonizzarsi con l'uditorio attraverso la
Storia. Il Triangolo papa Francesco-Carlo
III-Garibaldi fa riflettere sui capisaldi del
sofferto cammino umano verso le libertà che troppo
spesso diamo per scontate e invece vengono
continuamente insidiate.
Un Tempo bianco/nero...
L'Italia odierna sta all'Europa come
il ducato di Parma e Piacenza stava all'Italia prima
dell'annessione al regno sabaudo (1848-1859). I
Farnese ne furono duchi dal 1545 grazie a papa Paolo
III che, asceso al Sacro Soglio da vedovo, lo affidò
al figlio Pier Luigi. Alessandro Farnese fu un
grande capitano a metà del Cinquecento. Ancor oggi
dà il nome a un reparto spagnolo di élite
(“Alejandro Farnesio”). Nel Sette-Ottocento il
ducato fu“a noleggio”: ora dei Borbone, ora degli
Asburgo, poi di Maria Luisa, seconda moglie di
Napoleone, e via continuando sino a quando, grazie a
cospiratori massoni, d'intesa con Vittorio Emanuele
II di Savoia, divenne“Italia”.
L'Italia
odierna fatica a pensarsi in europeo. E' più
provinciale di quanto lo fosse mezzo millennio
addietro? I “Liberi Comuni” si erano spesso valsi
di “podestà forestieri”. Seguì l'età delle
Signorie: militari e banchieri ascesi a prìncipi.
Infine gli “italiani” chiesero ai “barbari” di
accorrere a risolvere i loro conflitti. Ne
rimasero quasi tutti soggiogati. Precipitare nel
baratro è questione di attimi. Risalire la china
esige tempi lunghissimi. Richiede un'”idea”, una
“leva”: memoria, cultura, coscienza di sé. Perciò
giova ricordare i secoli nei quali l'Italia fu“di
dolore ostello,... non donna di provincia ma
bordello” (Dante dixit).
Governo e opinione
pubblica sono in affanno per i nuovi equilibri (o
più esattamente: squilibri) planetari che riportano
la comunità internazionale dai grandi blocchi
all'anarchia. Il mondo assiste più indifferente che
sbigottito a massacri come quello attuato in Siria
ai danni degli alawiti. Eppure esso avviene (non è
ancora terminato: continuerà nel silenzio delle
“diplomazie”) in un lembo del Mediterraneo
orientale, un tempo amministrazione fiduciaria della
Francia. Che cosa attende questa“Europa”, esangue e
invertebrata, a difendere i diritti civili
elementari? Gli alawiti sono meno “persone” di altre
genti? Per capire il torpore della “cattiva
coscienza” dell'Europa odierna e dei governi dei
suoi minuscoli Stati giova gettare uno sguardo sui
“secoli andati” di un'Italia che è sempre stata
parte (e spesso vittima) dell'Europa. Quel
passato pesa anche su chi preferisce ignorarlo o
rimuoverlo e si benda gli occhi per non vedere il
presente e meno ancora impegnarsi per un futuro
finalmente in linea con ottanta anni di
dichiarazioni universali dei diritti dell'uomo.
Sonnambuli?
Mentre l'Europa
centro-occidentale sembra espulsa dalla Storia,
chiusa nella tenaglia, sino a pochi mesi addietro
imprevista, tra Usa e Federazione russa, che
ribadisce unità d'intenti con la Cina, giova tornare
su genesi e destino dell'Italia. Essa non è nata
ieri.
Tra
le questioni aperte in Parlamento vi è il varo,
indispensabile, della legge elettorale. Merita
ricordare quella in vigore nel regno di Sardegna dal
1848 e poi in quello d'Italia dal 1861 al 1919. Essa
era incentrata sui collegi uninominali. Plasmò una
dirigenza politica competente, capace di pensare “in
europeo”. Nei collegi uninominali, l'elettore, sceglie
liberamente. Può essere ingannato una volta, ma
raramente di più.
Nei “media” è scivolato come acqua su
levigatissime pietre l'anniversario dei Patti
Lateranensi sottoscritti l'11 febbraio 1929 da Benito
Mussolini, capo del governo, per il Regno d'Italia, e
dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato della
Santa Sede. Eppure quel giorno è davvero “particolare”
nella storia non solo d'Italia ma del mondo intero
perché segnò il riconoscimento formale dello Stato della
Città del Vaticano. Il ruolo universale del Papa,
vicario di Cristo e capo della chiesa cattolica
apostolica romana, non era stato messo in discussione
dalla spogliazione dello Stato pontificio da parte del
regno di Sardegna nel 1859-1860, che annesse
l'Emilia-Romagna, l'Umbria e le Marche, forte del
plebisciti dell’11-12 marzo e del 4-5 novembre 1860 con
cui gli elettori chiesero di far parte della monarchia
costituzionale di Vittorio Emanuele II. Papa Pio IX,
nato a Senigallia, divenne più italiano di quanto già
era.
Pietra grezza e
scalpello
L'unificazione
d'Italia
La pesca a strascico
Si volta il foglio, si vede la
guerra...
Il grande
“Pizzino di Stato”
Grande Guerra,
militarizzazione...
La
“domanda di serenità” raccomandata dal Re ai
“politici”.
Pinerolo ha mille
anni. Ci tiene e li dimostra. Unisce passato
remotissimo, attualità e ambizioni, memore di dominio
sabaudo e francese, come documenta l'opera collettanea
curata da Ilario Manfredini “Pinerolo, mille anni di
storia” (ed. Marcovalerio). E' sempre stata la base per
il dominio sul Vecchio Piemonte. Tomaso II di Savoia la
elevò a “capitale” al di qua delle Alpi. Ma sulla
cittadina, poche migliaia di abitanti raccolti in un
passaggio strategico, misero costantemente occhi e mani
anche i “francesi”. Al trotto e al galoppo da lì si
arrivava rapidamente a Torino. All'epoca militarmente
irrilevante, l'antica “Augusta Taurinorum” era la via
fluviale verso est: uno spazio agognato da chi,
Oltralpe, aveva difficoltà a scendere verso la Cornice.
1941: primavera di tristezza
Luciano Garibaldi...